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BASTA CON LE INIQUITÀ AI PENSIONATI

BASTA CON LE INIQUITÀ AI PENSIONATI

E’ questo il grido di allarme lanciato all’attuale Governo dall’Associazione 50&Più/Confcommercio insieme al CUPLA (Comitato Unitario Pensionati Lavoro Autonomo).

Nel documento, presentato al sottosegretario al lavoro on.le Jole Santelli, sono evidenziate le maggiori iniquità previste dall’attuale normativa nei confronti dei pensionati.

Le crescenti difficoltà, per la crisi economica in atto, che le fasce più deboli ed in particolare le persone anziane si trovano ad affrontare, sono aggravate da pesanti iniquità alle quali è indispensabile trovare soluzioni immediate.

E’ importante che al centro del dibattito politico, insieme all’economia, ai lavoratori e alle imprese, ci siano anche i pensionati.

L’importanza del ruolo sociale ricoperto, soprattutto nell’ambito familiare, ed il peso anche in termini anagrafici di questa fascia di popolazione – destinata a crescere ulteriormente nei prossimi anni – costituiscono, infatti, presupposti dai quali non è più possibile prescindere nella determinazione delle misure di politica economica del Paese.

Di fronte a questa realtà, il ruolo di 50&Più/Confcommercio insieme al CUPLA è quello di proporre le priorità assolute per tutti i pensionati, evidenziando, in particolare, le iniquità per gli autonomi, sulle quali da troppo tempo si attendono risposte concrete.

LE INIQUITÀ PER TUTTI I PENSIONATI

1) L’adeguamento delle pensioni al “reale” costo della vita

La salvaguardia e la restituzione del potere d’acquisto delle pensioni resta la principale rivendicazione, ed è l’intervento primario non solo per alleviare lo stato di grave disagio sociale ma anche per rilanciare i consumi attualmente ridotti ai valori di 15 anni indietro.

C’è bisogno di un paniere mirato sui consumi degli anziani, con la logica del bilancio familiare e non quello “virtuale e non reale” dell’Istat.

Ogni anno il valore della moneta perde dal 3 al 4%, e ciò sta a significare che il trattamento economico dei pensionati, nel giro di 10 anni, diminuisce di oltre il 30%,; anche per questo motivo siamo assolutamente contrari ai blocchi della scala mobile sulle pensioni.

2) La politica e la riduzione fiscale

A fronte di interventi legislativi che hanno penalizzato e che penalizzano le fasce più deboli della popolazione, è necessario operare una più equa redistribuzione dei carichi fiscali e delle risorse, combattendo ogni forma di evasione, di lavoro nero, di abuso, di rendita parassitaria.

E’ necessario conferire più potere di acquisto a coloro che sono stati costretti a ridurre i consumi, condizione questa indispensabile per rilanciare l’economia.

E’ stato stimato che la pressione fiscale legale (su ogni euro di Pil dichiarato) arriverà quest’anno a superare il 56%.

Il Governo deve impegnarsi per ridurla: si può cominciare con la detassazione totale delle tredicesime per poi ampliare la No tax area per gli anziani.

3) Il cumulo della pensione ai superstiti con altri redditi

La pensione ai superstiti viene corrisposta in misura ridotta rispetto a quella che spetterebbe allo stesso lavoratore, ed è graduata in funzione del rapporto che lega il defunto al superstite.

Su questo importo incombe attualmente un’ulteriore riduzione - stabilita dalla legge n. 335/1995 - fino ad un massimo del 50% in ragione del reddito eventualmente posseduto dal superstite (attualmente meno 25% per redditi oltre € 19.321,77; meno 40% per redditi oltre € 25.762,36; meno 50% per redditi oltre € 32.202,95).

L’istituto del cumulo tra pensione e redditi, ormai abolito per le pensioni di vecchiaia, di anzianità o anticipata, è invece altamente penalizzante nei riguardi dei superstiti, perché vanifica notevolmente l’intento del legislatore che, con l’introduzione della pensione indiretta, voleva garantire agli stessi una sufficiente tutela di carattere economico.

Questa riduzione, infatti, non può paragonarsi ad un vero e proprio cumulo ma piuttosto ad una decurtazione, che appare tanto ingiusta in quanto vengono a modificarsi gli effetti finali, penalizzando gli interessati.

E’ necessaria quindi una modifica dell’istituto o con la sua abolizione o, quantomeno, con una correzione dei valori delle tre fasce di reddito oggi in vigore, portandole dalle attuali 3, 4, 5 rispettivamente a 5, 8, 10 volte l’importo del trattamento minimo annuo ( € 6.440,59 per il 2013).

La decurtazione appare come un’appropriazione indebita da parte dello Stato, se si considera che la reversibilità è una prestazione previdenziale (e non assistenziale) che si basa sull’ammontare dei contributi versati dal lavoratore non più in vita.

Premia coloro che vivono nel sommerso e danneggia invece coloro che denunciano regolarmente i propri redditi.

LE INIQUITÀ PER GLI AUTONOMI

 

 

1) Età pensionabile di vecchiaia più elevata per le lavoratrici autonome

La riforma “Fornero”, in luogo di tutte le precedenti ipotesi di pensioni di vecchiaia, sia retributiva che contributiva, dal 2012 ha previsto un solo trattamento pensionistico che si consegue con un minimo di 20 anni di contributi versati ed una età, così come indicato in Tab. A, dove è prevista una evidente discriminazione tra lavoratrici dipendenti ed autonome dal 2012 fino a tutto il 2017.

Le lavoratrici dipendenti del settore privato possono conseguire il trattamento di vecchiaia, se più favorevole, con un età anagrafica non inferiore a 64 anni, qualora maturino entro il 31 dicembre 2012 un’anzianità contributiva di almeno 20 anni e alla medesima data conseguano una età anagrafica di almeno 60 anni.

Tale regime agevolato di accesso al sistema pensionistico ha escluso le lavoratrici autonome in possesso degli stessi requisiti.

E ciò è chiaramente discriminatorio dal momento che, a parità di requisiti, per una categoria di lavoratrici è stato previsto un regime agevolato, e per le lavoratrici autonome lo si è negato aggiungendo, quindi, al peso del sacrificio richiesto una evidente ingiustizia.

2) Pensione anticipata agevolata non prevista per i lavoratori autonomi (uomini e donne)

Sempre la riforma “Fornero” ha previsto dal 2012 nuove regole per l’accesso al pensionamento anticipato (ex pensione di anzianità) come indicato nella Tab. B.

 

Per i lavoratori dipendenti (uomini e donne) del settore privato è stato introdotto uno speciale regime agevolato.

Detti lavoratori, che abbiano maturato un’anzianità contributiva di almeno 35/36 anni entro il 31 dicembre 2012 e raggiunto i precedenti requisiti pensionistici con un’età pari rispettivamente a 60/61 anni, possono conseguire il trattamento di pensione anticipata al compimento di un’età anagrafica non inferiore a 64 anni.

Tale regime agevolato ha escluso i lavoratori autonomi in possesso dei requisiti medesimi. Anche in questo caso è stata fatta una scelta discriminatoria dal momento che, a parità di requisiti, per una categoria di lavoratori è stato previsto un regime agevolato, e per i lavoratori autonomi lo si è negato.

3) La quattordicesima mensilità: tre anni in più per gli autonomi rispetto ai dipendenti del settore privato

Con la legge n. 127 del 2007 è stata introdotta la quattordicesima mensilità sulle pensioni di importo basso.

A beneficiarne sono coloro di età pari o superiori a 64 anni, indipendentemente dal fatto che siano uomini o donne, con importi di pensione attualmente inferiori a 743,14 euro mensili pari a 9.660,88 euro l’anno.

Detta somma aggiuntiva non è uguale per tutti, ma è stata articolata in relazione all’anzianità contributiva raggiunta dal pensionato così come indicato nella Tab. C.

Per i pensionati autonomi, in particolare, sono stati stabiliti tre anni in più di contribuzione nelle relative tre fasce di età contributiva legate agli aumenti pensionistici.

E’ questa, ancora una volta, un’impostazione preconcetta che differenzia il lavoro autonomo da quello dipendente: non si comprende perchè un trattamento di sostegno a reddito, che deriva da risorse a carico della collettività, possa poi differenziare i pensionati a seconda dell’appartenenza all’una o all’altra categoria, violando ogni principio di giustizia sociale e costituzionale.

4) Gli assegni al nucleo familiare per i pensionati ex lavoratori autonomi

Attualmente ai pensionati ex lavoratori autonomi viene corrisposta per il familiare a carico un’aggiunta di famiglia pari a euro 10,21 mensili, a differenza di quanto avviene per i pensionati ex lavoratori dipendenti a cui viene riconosciuto l’assegno al nucleo familiare.

E’ una discriminazione che vede i pensionati ex lavoratori autonomi ricevere assegni familiari di importo cinque volte inferiore rispetto a quello erogato a favore dei pensionati ex lavoratori dipendenti.

Si tratta di un’esigenza di parificazione molto sentita dai pensionati autonomi, che non comporta grandi spese aggiuntive per lo Stato, ma che è coerente con un disegno di eguaglianza dei cittadini, specie dopo il progressivo trasferimento a carico dello Stato della contribuzione per pagare i trattamenti di famiglia.

Peraltro, la legge finanziaria 2007, che ha aumentato l’intervento della fiscalità generale per il pagamento dell’assegno al nucleo ai lavoratori dipendenti e loro pensionati, ha acuito la disparità di trattamento ai danni dei pensionati del lavoro autonomo.

 

Va sottolineato, infine, che ogni discriminazione basata sull’appartenenza a categorie lavorative durante la vita attiva si presenta non solo contraria all’art. 3 della Costituzione, ma anche e soprattutto errata sotto il profilo della giustizia sociale, perché quella del pensionato è una condizione sociale del cittadino e non una categoria.

 

Occorre prendere atto che i diritti della popolazione anziana riferiti a questi aspetti non costituiscono più solo un settore parziale della vita pubblica, ma ne rappresentano in qualche modo un profilo centrale che riguarda direttamente la natura stessa della democrazia contemporanea.

 

Questi problemi sono molto seri e non più dilazionabili.

 

E’ importante che i governanti, i ministri e i politici capiscano che i pensionati, tutti insieme, con i propri valori, con le proprie identità e con le proprie certezze, sono già oggi, e lo saranno sempre più in futuro, una categoria forte e coesa e non soltanto una condizione sociale da non considerare.

TAB. A - PENSIONE DI VECCHIAIA: I REQUISITI NEL TEMPO

Soggetti lavoratori
Requisito di età

Decorrenza (1) (2)

Dipendenti donne del settore privato

62 anni

Anno 2012

62 anni e 3 mesi

Anno 2013

63 anni e 9 mesi

Dal 1° gennaio 2014

al 31 dicembre 2015

65 anni e 7 mesi

Dal 1° gennaio 2016

al 31 dicembre 2017

66 anni e 7 mesi

Dal 1° gennaio 2018

Dipendenti pubblici, uomini e donne

66 anni

Anno 2012

66 anni e 3 mesi

Dal 1° gennaio 2013

al 31 dicembre 2015

66 anni e 7 mesi

Dal 1° gennaio 2016

al 31 dicembre 2018

Lavoratrici autonome (donne)

63 anni e 6 mesi

Anno 2012

63 anni e 9 mesi

Anno 2013

64 anni e 9 mesi

Dal 1° gennaio 2014

al 31 dicembre 2015

66 anni e 1 mese

Dal 1° gennaio 2016

al 31 dicembre 2017

66 anni e 7 mesi

Dal 1° gennaio 2018

Lavoratori autonomi e dipendenti (uomini)

66 anni

Anno 2012

66 anni e 3 mesi

Dal 1° gennaio 2013

al 31 dicembre 2015

66 anni e 7 mesi

Dal 1° gennaio 2016

al 31 dicembre 2018

Clausola età minima

Tutti i lavoratori

Dal 1° gennaio 2021 l’età di pensionamento

non può risultare inferiore a 67 anni

Condizioni comuni a tutti i lavoratori

Requisito contributivo minimo

20 anni

Importo pensione

Non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale, per chi non ha alcun contributo versato entro il 31 dicembre 1995.

Tale condizione è esclusa per chi va in pensione all’età di almeno 70 anni e con 5 anni almeno di contribuzione effettiva

  1.  Si tiene conto dell’ulteriore adeguamento di tre mesi alla “speranza di vita” a partire dal 1° gennaio 2013
  1.  Restano fermi gli ulteriori adeguamenti alla “speranza di vita” (anno 2016, anno 2019, anno 2021 e così via)

 

TAB. B - LA NUOVA PENSIONE ANTICIPATA

Periodo

Lavoratori (uomini)

Lavoratrici (donne)

Anno 2012

42 anni e un mese

41 anni e 1 mese

Anno 2013 (1)

42 anni e 5 mesi

41 anni e 5 mesi

Dal 1° gen. 2014 (1)

42 anni e 6 mesi

41 anni e 6 mesi

(1) Tenuto conto dell’incremento di 3 mesi per effetto della variazione della speranza di vita (decreto ministeriale del 6 dicembre 2011)

TAB. C - GLI INCREMENTI E I VALORI REDDITUALI DELLA 14a

Anni di contribuzione

Somma aggiuntiva intera annua (in Euro)

Limiti di reddito (*)

2013

Dipendenti

Autonomi

Fino a 15

Fino a 18

336,00

€ 9.996,89

Oltre 15 fino a 25

Oltre 18 fino a 28

420,00

€ 10.080,89

Oltre 25

Oltre 28

504,00

€ 10.164,89

(*) € 9.660,89 (una volta e mezzo il trattamento minimo) incrementato della somma aggiuntiva spettante in base all’anzianità contributiva (€ 336, € 420, € 504).


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